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Alla scoperta della Business Ethics: cosa è, come è nata, come e perché applicarla

Alla scoperta della Business Ethics: cosa è, come è nata, come e perché applicarla

Vi siete accorti come sempre più aziende rivendichino un approccio ambientalista, certifichino la filiera produttiva, vantino premi di sostenibilità, rendendo pubbliche attività umanitarie e dichiarando i valori ai quali ispirano la loro azione?
Tutto questo accade perché i mercati stanno scoprendo una verità rivoluzionaria, quanto semplice: l’etica paga!

Quello che è emerso da questo rinnovato interesse per l’etica in economia è il rilancio di una disciplina, la Business Ethics, che in realtà ha molti anni. Tuttavia, le sue teorie e i suoi principi sono rimasti a lungo ignorati dal mainstream, almeno fino al 2008, quando i mercati sono entrati in “crisi di fiducia” a causa degli scandali sui mutui subprime. In questo articolo ripercorreremo la storia di questa disciplina, ne spiegheremo gli approcci principali e gli ambiti di applicazione, cercando contemporaneamente di sfatare qualche falso mito.

Breve storia della Business Ethics

Circa a metà degli anni ’70, alla Bentley University, uno dei molti atenei nell’area di Boston, Mike Hoffman, professore di filosofia interessato ai rapporti tra morale ed economia, si pose la sfida di inserire nel curriculum di studi dei futuri manager e imprenditori un corso che li educasse ai principi morali. Fu così che nacque il primo dipartimento di Business Ethics della storia, il Center for Business Ethics che è ancora considerato un’eccellenza per chi approccia la disciplina.

Se lo studio dei rapporti tra filosofia ed economia era nato con pensatori come Aristotele che aveva dedicato un trattato a questo argomento, il primo vero modello organizzativo che conciliò il rispetto di precetti morali, la produzione e l’innovazione fu quello dei monasteri Benedettini, nati intorno al 500 d.c. Il motto “Ora et Lege et Labora” indicava un modo rivoluzionario di condurre una comunità che promuovesse la morale (in questo caso cristiana) attraverso il lavoro, lo studio e la ricerca. I monasteri di fatto erano vere e proprie aziende di produzione di tessuti, birra, manoscritti e tanto altro, che adottavano un preciso codice etico.

Nel frattempo, la ricerca filosofica sul tema andava avanti di pari passo con lo sviluppo industriale. Un contributo fondamentale arriva da Adam Smith, che con il suo “La Ricchezza delle Nazioni” (1776) affermava come il successo negli affari fosse prevalentemente basato sul perseguimento dell’interesse individuale.

Questo concetto fu efficacemente confutato solo 200 anni dopo dalle teorie basate sugli studi del Premio Nobel John Nash (1994), che dimostrarono come a volte sia possibile ottenere risultati più efficienti cooperando piuttosto che competendo. Mentre in Italia e nel mondo altri esperimenti, come quello di Olivetti, cercheranno di conciliare etica e risultati, un pensiero capitalista più maturo porterà alla nascita di concetti come la Responsabilità Sociale d’Impresa (Howard Rothmann Bowen, 1953) e all’elaborazione di modelli di business che non metteranno più soltanto al centro gli azionisti o shareholder, ma anche gli altri portatori d’interesse o stakeholder (Edward Freeman, 1983). Scandali finanziari e crisi dei mercati hanno in anni più recenti cambiato la sensibilità dei consumatori, facendo sì che la Business Ethics e i suoi modelli si affermassero.

Oggi, di fatto, nessuna azienda che voglia consolidare la sua reputazione sul mercato può prescindere dall’adozione di un modello etico per fare impresa.

Gli approcci al business etico

Nei nostri 15 anni di esperienza sul campo ci siamo accorti che esistono 4 principali approcci che possono essere adottati per integrare i principi della Business Ethics nel modello operativo di un’azienda:

  • Regulatory approach: è forse l’approccio più tradizionale scelto da quasi tutte le aziende. Consiste nel definire un insieme di regole finalizzate soprattutto a prevenire comportamenti scorretti, che solitamente prendono corpo nel codice etico di un’organizzazione. Se pur fondamentale questo modo di intendere l’etica ha un limite e cioè indicare più cosa non fare, adottando una visione reattiva più che proattiva che consisterebbe invece nel suggerire comportamenti virtuosi.

  • Certification approach: nel mondo esistono molti enti in grado di certificare l’eticità di un’azienda. Questi sistemi di certificazione, anche molto sofisticati, prevedono non soltanto la verifica di conformità ad alcuni parametri stabiliti dall’ente certificatore (i.e. B-Corp), ma anche la possibilità di accedere a servizi di consulenza, training e altri strumenti finalizzati a sviluppare la cultura del business etico. Affidarsi a un ente serio è fondamentale per perseguire correttamente questa strada.

  • Alternative approach: chi sceglie questo approccio adotta un modello organizzativo alternativo a quello dell’azienda così detta “for profit”. È il caso di cooperative, onlus e più recentemente delle società benefit, che non solo condividono uno scopo sociale non finalizzato al solo profitto ma distribuiscono gli utili in modo più equo e sostenibile. È un modello che per essere adottato comporta un ripensamento a volte radicale dell’organizzazione.

  • Capitalistic approach: si propone di cambiare il mercato “da dentro” ovvero seguendone le regole e promuovendo l’etica come strumento per incrementare i risultati. Secondo questa visione aziende, imprenditori e manager perseguono comportamenti scorretti solo perché li ritengono più efficaci: se si riesce a dimostrare loro il contrario quindi invertiranno la rotta! Un esempio di modelli nati da questo approccio è il programma Giving Voice to Values link creato da Mary Gentile, che avremo tra gli ospiti di questo portale.

Campi d’applicazione

Qualunque sia l’approccio che deciderete di adottare, vi invitiamo a scegliere con cura da quale settore della vostra organizzazione partire per implementarlo. Secondo l’ONU un business per definirsi sostenibile deve avere un impatto ambientale, sociale ed economico positivi. Trasferendo questa visione alla business ethics, che con la sostenibilità ha molti punti di contatto, potremmo dire che essa si applic:

  • alla produzione e alla logistica occupandosi sia di definire processi “puliti” che di ridurre o eliminare gli sprechi sotto qualsiasi forma;

  • al marketing e alla comunicazione proponendo forme di consumo equilibrate, coerenti con i valori dichiarati dall’azienda e comunicando in modo rispettoso e trasparente;

  • alla vendita e al customer care gestendo le relazioni con il cliente in modo equo e favorendo la costruzione di valore nel medio lungo termine;

  • alla leadership e alle relazioni interne per creare una cultura del lavoro integrata, rispettosa, che tenga conto dei bisogni e delle differenze di ognuno, promuovendone la crescita ;

  • infine, all’economia e finanza definendo un giusto profitto, prezzi corretti e una distribuzione degli utili equa per ogni attore coinvolto.

Ogni azienda può contribuire concretamente al cambiamento, scegliendo obiettivi chiari e coerenti con la propria attività. Day, ad esempio, ha deciso di concentrarsi su 9 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, tra cui il lavoro dignitoso, la riduzione delle disuguaglianze, città e comunità sostenibili, la parità di genere, l’innovazione, il consumo responsabile e la lotta al cambiamento climatico. Come Società Benefit, integra la sostenibilità nelle sue decisioni quotidiane, dimostrando che l’impegno sociale e ambientale può essere parte integrante del modello di business.

Perché scegliere l’Etica

Arriviamo dunque alla domanda fondamentale ovvero “Perché integrare l’etica nel proprio modello di business?”.

Ci sono alcune risposte che hanno a che fare con il futuro del nostro pianeta e della società in cui viviamo. Ognuno di noi ha una morale, dei valori e dei principi che lo ispirano: riflettendo su di essi potremo trovare parecchie ragioni per cui è auspicabile che i mercati diventino più corretti.

Ma se tutti pensiamo che l’etica sia una cosa giusta, allora perché è ancora difficile vederla applicata in modo massivo nelle aziende?

Le ragioni sono tante, la prima fra tutte è che spesso questa presunta mancata integrazione dell’etica nei mercati è un effetto ottico più che reale.
Come detto all’inizio di questo articolo, sempre più aziende hanno già adottato un approccio corretto.
Tuttavia, a livello mediatico ci si concentra ancora molto su coloro che frodano, imbrogliano e inquinano. Le cattive notizie viaggiano più lontano e più velocemente. Ma ci sono motivi più concreti che giustificano la resistenza verso l’etica, ragioni che, a ben guardare, sono le stesse per le quali dovrebbe essere adottate in economia.

Le organizzazioni, soprattutto a livello nazionale ed europeo, sono rette da una classe dirigente appartenente ad una generazione per la quale mediamente l’etica è un driver meno potente rispetto a chi è nato dopo. Se si vuole attrarre un consumatore più giovane bisognerà rinfrescare i nostri schemi mentali e virare verso etica e sostenibilità.

L’idea radicata che economia ed etica non siano conciliabili ha spesso ostacolato iniziative imprenditoriali che avrebbero potuto promuovere il cambiamento delle dinamiche del capitalismo classico.

Chi è riuscito a superare questi pregiudizi ha creato modelli di business distintivi e di estremo successo.

La visione a breve termine dei risultati, che strizza l’occhio alle speculazioni di borsa, certamente non aiuta ad adottare una visione etica del business, che invece necessita di una prospettiva più ampia.

Eppure, oggi le aziende che performano meglio anche nel mercato azionario sono le così dette ESG ovvero quelle che rispettano l’ambiente, la società e adottano modelli di governance sostenibili. I maghi della finanza si sono accorti che queste organizzazioni superano meglio e più velocemente le crisi di mercato, hanno risultati più stabili nel tempo, attivano naturalmente passaparola e fidelizzazione. La loro reputazione è più forte e chi ne fa parte lavora in modo più produttivo, rimanendo più a lungo al loro interno.

Tutte queste ragioni dovrebbero finalmente convincerci che avere istinto per gli affari e sviluppare un’attitudine etica al business sono doti direttamente proporzionali.