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Dietro ogni attivazione ci sono loro: Valentina e Michela!

Dietro ogni attivazione ci sono loro: Valentina e Michela!

di:

Day

Dietro ogni attivazione ci sono loro: Valentina e Michela!

Quando un nuovo cliente entra nel mondo Day, c’è un momento tanto cruciale quanto invisibile: quello in cui tutto deve partire con il piede giusto. È lì che ogni richiesta trova orecchie attente, ogni dubbio riceve una risposta concreta, ogni esigenza incontra un sorriso.

È proprio in quel momento che la differenza comincia a farsi sentire. A renderlo possibile ci sono due professioniste che ogni giorno trasformano operazioni complesse in gesti semplici, tecnicismi in parole umane, clienti in relazioni vere. Lo fanno con esperienza, dedizione… e una sana dose di empatia.

Abbiamo fatto due chiacchiere con Valentina Bellini, project manager Buono Pasto Elettronico, e Michela Occa, project manager Welfare Aziendale, due colonne storiche di Day, con oltre vent’anni di esperienza (ma guai a chiedere l’anno esatto!). Insieme, ci hanno raccontato cosa succede davvero dietro le quinte, quando un nuovo cliente entra a far parte della nostra realtà.

Partiamo dal principio:

Cosa succede “dietro le quinte†quando un nuovo cliente entra in contatto con Day?

Quando arriva un nuovo cliente, per noi non è mai una semplice "attivazione". Si crea una vera e propria task force, ci mettiamo in ascolto, cerchiamo di capire cosa serve davvero e da lì iniziamo a costruire. Ogni azienda è diversa, anche se si cerca una certa standardizzazione per questioni pratiche, la verità è che finiamo sempre per personalizzare. Ci sono clienti con esigenze molto specifiche, altri che arrivano da capitolati di gara con richieste già definite, altri ancora che hanno bisogno di essere accompagnati passo passo. Dietro le quinte, c’è un lavoro di squadra tra tanti uffici, ognuno con il proprio ruolo, per garantire che tutto sia pronto al momento della partenza.

Ci potete spiegare, in parole semplici, come funziona il processo di attivazione e quali sono le fasi principali?

Si parte sempre dall’ascolto. Ci chiediamo: che tipo di piano ha il cliente? È un’attivazione standard o richiede qualcosa di particolare? In base alle risposte, decidiamo chi coinvolgere. Può esserci il commerciale, l’IT, l’amministrazione, la comunicazione... ognuno è un pezzo del puzzle. Poi stabiliamo le tappe, ci sono dei passaggi automatizzati, certo, ma per la maggior parte dei clienti mettiamo a punto un piano personalizzato: chi deve fare cosa, entro quando, con quali strumenti. In pratica ci trasformiamo in coordinatrici di un progetto, facendo in modo che tutti i pezzi vadano al loro posto entro la data di attivazione. È un lavoro di precisione, ma anche di relazione.

Che tipo di accoglienza cercate di trasmettere nei primi scambi?

Empatia, concretezza e disponibilità. E anche chiarezza. Cerchiamo di essere il più possibile dirette: spieghiamo subito cosa serve, cosa farà chi, quali sono le tempistiche. Non è solo questione di dare informazioni: è accompagnare. A volte chi abbiamo davanti non è molto organizzato, quindi tocca a noi mettere ordine, creare una timeline, ricordare le scadenze. E intanto rassicurare, sempre: “Ci siamo, ti aiutiamo noiâ€. Quello che vogliamo trasmettere è che non sono soli, che dietro c’è un team che lavora con attenzione e cura.

Qual è il momento più delicato da gestire... e quello che vi regala più soddisfazione?

Il momento più delicato è sicuramente la partenza. Quando tutto è pronto, le card consegnate, la rete attiva, i sistemi caricati. È lì che tutto deve combaciare con le aspettative del cliente. Anche solo un dettaglio fuori posto può generare confusione. Proprio per questo, è anche il momento che ci dà più soddisfazione. Quando vediamo che il servizio parte, che le transazioni vanno, che gli utenti iniziano a utilizzare il portale… sappiamo che il lavoro fatto è stato efficace. Quando arrivano anche dei ringraziamenti in chat o per mail ci sentiamo proprio bene!

Come vi assicurate che tutto fili liscio nel processo? Avete un metodo, un rito, un’attenzione speciale?

Nel tempo abbiamo imparato a ragionare “al contrarioâ€: l’esperienza ci ha insegnato che prevenire è meglio che curare. Per questo cerchiamo di anticipare i problemi. Ogni cliente ha le sue particolarità, quindi creiamo piani su misura, cronoprogrammi, avvisi, promemoria… diventiamo un po’ il punto di riferimento per tutti. Di solito ci chiamano direttamente, spesso anche per questioni che non dipendono da noi. Ma va bene così, vuol dire che si fidano. Non abbiamo un rito, ma tanta attenzione. E un istinto ormai allenato a riconoscere in anticipo dove può esserci un ostacolo.

La comunicazione è fondamentale: secondo voi, come si costruisce fiducia con il cliente in questa fase?

Con la presenza, facendo sentire al cliente che c’è qualcuno dall’altra parte. Non una risposta automatica o un ticket impersonale, ma una persona vera che ti dice: “Ho preso in carico la tua richiesta, ti faccio sapereâ€. Cerchiamo sempre di rispondere in modo chiaro, diretto. E se non possiamo risolvere subito, lo diciamo. Mai lasciarli nel dubbio! C’è un aspetto che spesso viene trascurato: la comunicazione deve arrivare bene anche ai dipendenti. È importante spiegare bene all’attivazione del servizio che cosa viene offerto, quali sono i vantaggi… Per questo, a volte, suggeriamo agli HR degli incontri dedicati con tutto il gruppo: momenti formativi, informativi, faccia a faccia o online, per spiegare le cose come stanno. Così l’esperienza del servizio, per l’utente finale, diventa molto più positiva.

Quanto dura in media un’attivazione e da cosa può dipendere la sua complessità?

Non esiste una durata media vera e propria, tutto dipende dal tipo di piano e dal tipo di cliente. A volte le aziende piccole sono più complesse di quelle grandi, perché magari chiedono servizi molto particolari o non hanno interlocutori dedicati al loro interno. Ci sono aziende che hanno tante sedi sparse e hanno bisogno di una gestione autonoma per ogni filiale e così via..

Vi viene in mente un episodio in cui avete sentito di aver fatto davvero la differenza per un cliente?

Più di uno! Per esempio, una volta ci è stato chiesto — con pochissimo preavviso — di implementare un filtro sulla piattaforma per facilitare la dichiarazione dei redditi degli utilizzatori. In appena due settimane abbiamo fatto tutto. È stato un lavoro di squadra, intenso, ma ce l’abbiamo fatta. Quel progetto ci ha dato un’idea utile e importante da proporre e applicare anche nei piani di altri clienti con esigenze simili, diventando uno spunto prezioso per noi.
Un’altra volta, un cliente aveva urgenza di acquistare un viaggio per il figlio. Abbiamo attivato in tempo reale la convenzione, messo in moto tutto e risolto il problema nel giro di 8 ore. In quei momenti senti davvero che il tuo lavoro ha un impatto concreto sulla vita delle persone. E ti rendi conto che sei un riferimento, anche oltre il tuo ruolo tecnico. In entrambi i casi, la velocità e la capacità di ascoltare il cliente sono state fondamentali per fare la differenza.

Quali sono le sfide più frequenti nel vostro lavoro quotidiano e come le affrontate?

Le sfide sono tante. Una su tutte: il livello di preparazione delle aziende. Alcune sono super strutturate e chiedono cose molto specifiche. Altre invece ti scrivono per sapere perché un dipendente ha ricevuto 15 buoni invece di 20, come se fossimo noi a decidere! A volte dobbiamo fare anche un po’ da consulenti: spiegare la normativa, chiarire come funziona il welfare, supportare i referenti che sono spaesati. E poi c’è un’altra dimensione, più sottile: dalle telefonate, dalle mail, dalle richieste che riceviamo… si percepisce tanto. Riusciamo a “respirare†il clima aziendale e a volte ci sentiamo quasi psicologhe, perché dobbiamo modulare la comunicazione in base al carattere di chi abbiamo davanti. È faticoso, ma è anche il bello – e il peso – del nostro lavoro.

Una parola sola: come vi sentite quando tutto ha funzionato e il cliente è soddisfatto?

Euforiche! Proprio così, ci sentiamo leggere, contente. A volte arrivano ringraziamenti espliciti, mail belle da tenere da parte. Altre volte, invece, non arriva niente. Ma anche quel silenzio è un segnale. Perché spesso, quando non riceviamo più richieste o segnalazioni, vuol dire che il servizio sta funzionando. È un primo feedback. Poi ci sono gli indizi più “tecniciâ€: vediamo che le persone iniziano a usare la piattaforma, che fanno transazioni, che qualcosa si muove. E allora capiamo che tutto è partito bene. Nel welfare, c’è un segnale in particolare che ci fa dire: “Ok, abbiamo fatto un buon lavoroâ€. È quando vediamo che i dipendenti scelgono di convertire il premio di risultato sulla piattaforma, invece che farselo mettere in busta paga. Quella è una scelta consapevole: vuol dire che hanno capito il valore del welfare, i benefici fiscali, ma anche i servizi concreti che possono usare. E lì capiamo che siamo riuscite a trasmettere il senso di quello che c’è dietro: non solo una piattaforma, ma un’idea di benessere. Quando succede, la soddisfazione è doppia: per loro e per noi.

A vostro parere, cosa rende Day diversa dagli altri operatori del settore?

Senza dubbio, le persone. Da noi il cliente non è mai un numero, ogni azienda che entra in contatto con noi trova qualcuno che la segue davvero, che ascolta, che risponde, che si prende carico dei problemi e cerca soluzioni. C’è un’attenzione costante, una disponibilità che non è solo “di facciataâ€, è concreta. E ci riconoscono proprio per questo: per la velocità con cui rispondiamo, per la presenza continua, per la capacità di adattarci. A volte ci arriva anche come feedback diretto: “Siete sempre disponibili, siete velocissime!â€. Per noi è il miglior riconoscimento possibile. La tecnologia è importante, certo. Ma se non c’è relazione, il servizio non regge. E noi quella relazione la costruiamo ogni giorno.

Cosa avete imparato l’una dall’altra nel tempo?

Abbiamo imparato a crescere insieme. Nel tempo si è creata una sintonia vera, fatta di fiducia, confronto, condivisione. Ognuna ha il suo stile, il suo modo di approcciare il lavoro, e proprio da queste differenze ci siamo arricchite. Ci siamo sostenute nei momenti complicati, ci siamo confrontate quando serviva fare scelte delicate, e anche oggi ci capita di farci domande, di chiedere un parere, un consiglio. Il bello è che ci conosciamo abbastanza da capirci al volo. E questa cosa, sul lavoro, fa molta differenza.

Guardando al futuro, come immaginate che evolverà il vostro ruolo, anche alla luce delle nuove tecnologie e delle aspettative dei clienti?

Le aspettative dei clienti stanno crescendo e con loro cresce anche la complessità del nostro ruolo. Sempre più spesso le aziende chiedono un referente unico, una figura che tenga insieme tutti i pezzi e che sia capace di risolvere, coordinare, rispondere. In pratica, stanno nascendo dei veri e propri “project manager†interni, forse è lì che stiamo andando anche noi.
La tecnologia sarà sempre più centrale – già oggi lo è – ma non potrà mai sostituire completamente la parte umana. E poi c’è una consapevolezza che abbiamo maturato nel tempo: bisogna sempre accettare il cambiamento. Uscire dalla comfort zone, incoraggiare il dinamismo, non fermarsi. Spesso succede che arrivi un evento inatteso, una criticità, qualcosa che rimette in discussione tutto. E lì si vede la differenza: dove c’è un problema, noi vediamo una sfida da affrontare. Siamo cresciute in questa azienda e ci sentiamo parte di qualcosa che ci rappresenta. Lavoriamo con impegno e veniamo al lavoro volentieri, perché qui stiamo bene.